I GIOVANI E LA COSTITUZIONE

I giovani e la costituzione. Per un ethos democratico: forme di vita, esperienze di ricerca, soggettivazioni.

Questa tavola rotonda, provvisoriamente in programma per il 5 maggio 2017, costituisce la prima parte del convegno per il decennale dell’Associazione Odradek XXI (6 maggio 2017). I dieci anni dell’Associazione, fondata a Brescia nel 2007, coincidono – singolarmente – con dieci anni della crisi politica, economica, sociale e culturale che non si è (ancora?) conclusa. Mentre si(-ci) consumava la “crisi”, prendevano forma le diagnosi critiche di Odradek e dei suoi “amici” (studiosi, ricercatori, professionisti, studenti), che variamente hanno collaborato a tenerne viva la vena sagittale, da diverse prospettive, ma tutti guidati dal bisogno di aprire un varco al possibile in mezzo al “cattivo presente”. Ultimi frutti di queste collaborazioni sono i volumi di prossima uscita Transizioni e cesure di una modernità incompiuta (Mimesis, 2017) e Crisi e critica della modernità in Antonio Gramsci (Unicopli), nonché il lancio della rivista on-line Rivoluzioni Molecolari. Percorsi di pensiero critico, che avverrà contestualmente al convegno.

Questa con-temporaneità (necessaria? eventuale?) di crisi e critica suggerisce un rovesciamento riguardo al nodo centrale per la costruzione di un ethos: ripensare il mercato a partire dalla democrazia (e non viceversa, come avviene nella maggior parte delle democrazie esistenti). Alla ricerca di contributi teorici e pratici per rendere pensabile questo rovesciamento, Odradek ha deciso di invitare alcuni giovani a prendere la parola sulla dimensione costitutiva-costituente della loro esperienza di studio e di ricerca, chiedendo innanzitutto: come “portare la nostra intelligenza all’altezza dello scontro che ci è richiesto?”

La domanda si articola a sua volta su tre livelli: forme di vita, esperienze di ricerca, soggettivazioni. Con il primo momento, si tratterebbe di recuperare la dimensione etico-sociale dei modi di esistenza immanenti, sottraendoli alla codificazione preventiva che si consuma nella complicità ideologica tra esperienza ordinaria-quotidiana ed esperienza mediale-aumentata: quest’ultima al contempo nasconde e conferma la miseria della prima, certificando implicitamente il carattere destinale dello stato di cose presente. La ricerca, a sua volta, si pone programmaticamente come tentativo di rompere questo destino, scorgendovi il carattere divenuto e di guadagnare dunque, rispetto ad esso, una prospettiva critica capace di trasformare le categorie stesse nelle quali l’esperienza prende forma; ma nulla garantisce che la ricerca non venga a sua volta catturata dall’oggetto che intendeva criticare: in-formata dal mercato (o dal “fantasma del lavoro”) e dunque de-formata senza la capacità di farsi formativa-trasformativa. Il nesso di esperienza e ricerca richiederebbe piuttosto, per farsi effettivo, il costante riferimento al “fuoco ellissoidale del presente”: alle istanze possibili di soggettivazione individuale e collettiva o, almeno, alle virtuali linee di fuga rispetto alla logica neoliberista dominante. Solo tramite questo riferimento, i concetti della storia, dell’estetica, della filosofia riguadagnano la loro dimensione vivente: quella di essere, cioè, concetti intrinsecamente politici. Ma come fare?

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