SOGLIE RIFLESSIVE – NATALE 2020

Cari amici, ho esitato a lungo nel prendere la parola e augurare a ciascuno di voi BUON NATALE! Mi sono poi deciso, anche se in ritardo, incoraggiato da alcune pagine di due filosofi, una ebrea apolide, Hanna Arendt, e un cristiano non cattolico, Paul Ricoeur, che ha detto di sé “Il filosofo, che io sono, anima l’apprendista teologo, che si agita in me”, parole indicative alla base della sua militanza socialista giovanile mai dimenticata, anche se le lunghe deviazioni delle opere successive sembrano talora renderla inattiva. Ambedue hanno riflettuto a fondo sul nesso perdono-promessa. Mi limiterò, comunque, a trascrivere un solo passo della Arendt, tratto dalla sua opera Vita activa. La condizione umana (1958) (v. allegato). E’ un brano su cui richiama l’attenzione quarant’anni dopo Paul Ricoeur nell’ Epilogo della sua grande opera La memoria, la storia, l’oblìo (2000).Buon Natale e Felice Anno Nuovo (nonostante tutto).

Pietro Zanelli

PICCOLE COSTELLAZIONI DI SENSO PER UN NATALE IN TEMPO DI SOCIALITA’ RISTRETTA

Premessa

         Che fare, cosa pensare in questo nostro tempo di socialità ferita? In questo nostro tempo fuori di sesto, con alle spalle – ma sembra, purtroppo, anche davanti! – un anno orribile, che senso può avere il Natale? Con esso si può intendere il periodo di “dodici giorni che vanno dal 24 dicembre al 6 gennaio. Essi sono quel che resta degli antichi riti del solstizio d’inverno, quando le giornate ricominciano ad allungarsi (…). Il cristianesimo trasforma il trionfo della luce sull’oscurità in una celebrazione del suo sole infante, nella Natività del Dio bambino, che viene al mondo in una grotta per liberare l’umanità dalla tenebra del peccato originale” (Marino Niola, Il rito rubato del Natale “senza”, “La Repubblica”, 24/12/2020).

         Cosa accade se al contatto dei corpi e delle anime si sostituisce la paura del contagio? E se il più diffuso rito, religioso e laico, di rigenerazione della socialità, costituito dal Natale, viene, per così dire, sospeso o, comunque, ristretto, rispetto al plurale vivere insieme intersoggettivo che caratterizza l’anello intermedio tra il privato degli affetti e lo spirito pubblico delle istituzioni democratiche repubblicane?

         Ha ancora un senso augurare “Buon Natale!” se le sue potenzialità di futuro, che, di per sé, tendono a sopperire alla fragilità delle stesse istituzioni, vengono ferite?

Principio natalità

         “Senza azione e discorso, senza l’intervento della natalità, saremmo condannati a muoverci per sempre nel ciclo ricorrente del divenire (…). È la facoltà dell’azione che interferisce con questa legge (…). Il corso della vita umana diretto verso la morte condurrebbe inevitabilmente ogni essere umano alla rovina e alla distruzione se non fosse per la facoltà di interromperlo e di iniziare qualcosa di nuovo, una facoltà che è inerente all’azione che gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare. L’azione è in effetti l’unica facoltà dell’uomo capace di operare miracoli, come Gesù di Nazareth (…). Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, ‘naturale’ rovina, è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire. È, in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l’azione di cui essi sono capaci in virtù dell’esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza (…). È questa fede e questa speranza che trova forse la sua più gloriosa ed efficace espressione nelle poche parole con cui il vangelo annunciò la ‘lieta novella’ dell’avvento: ‘Un bambino è nato tra noi’” (H. Arendt, Vita activa. La condizione umana).

Slegare l’avvenire?

         Il contesto comune ai due pensatori, Arendt e Ricoeur, è dato dalla dialettica ‘perdono-promessa’, rispettivamente lo slegare e il legare. Slegare il soggetto dalle sue défaillances passate (se riconosciute), legarsi nel futuro del vivere insieme, del “tendere alla vita buona, con e per l’altro, all’interno di istituzioni giuste” (P. Ricoeur, Sé come un altro). Il ‘legare-slegare’ si profila in quattro tempi: “legare il passato (memoria), slegare il passato (perdono), legare l’avvenire (promessa), slegare l’avvenire (rimessa in questione)” (P. Ricoeur, La storia, la memoria, l’oblìo).

         L’agire etico-politico ne è il mediatore, in quanto fondato sul principio natalità, radice ontologica di ogni inizio e ricominciamento, “senza ringhiere” (Arendt), senza garanzie di continuità, esposti alla fragilità del nostro operare in “costellazioni di senso” ogni volta nuove, caratterizzate sempre e di nuovo, da incompiutezza (Ricoeur), che richiede una grammatica dell’ottativo: l’auspicio della tensione utopica che sospinge, ancora e sempre, verso nuovi inizi, in una moralità vivente.

Buona(e) lettura(e)!

  • H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani
  • P. Ricoeur, La critica e la convinzione, Jaca Book
  • D. Iervolino, Introduzione a Ricoeur, Morcelliana
  • J. Kristeva, Hanna Arendt. La vita, le parole, Donzelli

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